Sempre secondo Lejeune, il narratore instaura con il lettore un patto autobiografico: il narratore si impegna a raccontare la realtà, il lettore a credere che quanto viene raccontato sia vero.
Quando leggiamo un’autobiografia, non possiamo mettere in discussione quello che viene raccontato: il narratore è davvero convinto che ciò che scrive sia accaduto, e ci vuole informare e rendere partecipi. Nel momento in cui cominciamo a dubitare di quanto afferma – per esempio perché parla di elementi chiaramente sovrannaturali o impossibili, oppure perché notiamo delle discrepanze tra il suo racconto e la realtà che conosciamo – diventa inattendibile e quindi noi, come lettori, siamo autorizzati a mettere in dubbio tutte le sue parole.
Tale patto è metaforicamente suggellato nel momento in cui, durante la vicenda, il narratore conferma di chiamarsi come l’autore (per esempio quando la madre di Stephen King lo chiama “Stevie”, come hai letto a P. 11).

Le CARATTERISTICHE dell’autobiografia

La caratteristica essenziale dell’autobiografia è che autore, narratore e protagonista devono coincidere. Per questo motivo, la narrazione autobiografica è in prima persona. Spesso in un romanzo autobiografico il narratore abbraccia tutta l’esperienza della sua vita e ne ricava un senso: mostra, insomma, come è diventato la persona che è. Per questo l’autobiografia idealmente viene scritta in età avanzata, o comunque quando si ritiene che una certa parte della propria vita (per esempio un’esperienza lavorativa) sia conclusa. Di solito, l’autobiografia impiega i tempi del passato per la narrazione, utilizzando il presente per rendere lo stacco fra la dimensione del tempo andato e l’oggi. Come si può intuire, se l’intento dell’autore o autrice è di raccontare tutta la propria vita, ci sarà sempre una parte che non potrà raccontare, ossia ciò che avviene in prossimità della sua morte.

In modo più ampio, il racconto e il romanzo autobiografici si caratterizzano per una grande attenzione ai sentimenti e al mondo interiore del o della protagonista, che si interroga su quanto accade attorno a sé e su che tipo di influenza ciò possa avere sulla sua esistenza. Sono spesso presenti sequenze riflessive e domande che l’autore o l’autrice si pone.

A volte la scrittura serve proprio a crearsi un’immagine di sé: attraverso l’autobiografia, chi scrive cerca di conoscersi meglio. È esemplare, in questo senso, la forma del diario, in cui la persona annota ciò che le accade, le sue riflessioni, allo scopo di potersi rileggere e tenere traccia del passato.

Le FORME dell’autobiografia

Autobiografia

Come abbiamo visto, l’autobiografia “pura” è un genere fortemente codificato. Racconta tutta la vicenda di una persona, che trae un bilancio della propria esistenza. Solitamente, nel titolo o nel sottotitolo sono contenuti dei termini che ci dicono chiaramente che si tratta di un’opera autobiografica (come nella Storia della mia vita di Giacomo Casanova, pubblicata postuma nel 1825).

Romanzo autobiografico

Sotto questa etichetta si raccolgono, in maniera non sempre codificata, tutti i romanzi che parlano in qualche modo dell’autore o dell’autrice, della sua vita o delle sue esperienze, senza necessariamente avere la pretesa di essere totalmente autobiografici. Ciò significa che vengono meno uno o più degli elementi del patto autobiografico, di cui abbiamo parlato sopra.
Per esempio, il Milione di Marco Polo, pur avendo evidente e dichiarata ispirazione autobiografica, non è un’autobiografia vera e propria anche solo per il fatto che i racconti di Marco non vengono scritti da lui ma da un ghost writer, Rustichello da Pisa. Le recenti Confessioni del giovane Tidman (2018) di Aidan Chambers, pur avendo evidente e dichiarata ispirazione autobiografica, non sono un’autobiografia: sulla copertina, nome dell’autore e nome del personaggio non coincidono. Vale lo stesso per un altro famoso romanzo, Martin Bauman (2002) di David Leavitt. Se il patto autobiografico viene meno, noi non siamo più tenuti a credere che tutto ciò che l’autore racconta sia vero, come pure, d’altra parte, l’autore non è più tenuto a raccontarci solo la verità.