Precondizione ecologica

In lingua tamil, parlata in Sri Lanka, in India, a Singapore e in gran parte dei territori che si affacciano sull’Oceano Indiano, la foresta di mangrovie è definita da una parola che significa “albero-taglia-onde”. Le ricerche antropologiche e i modelli di vulnerabilità per gli tsunami elaborati dagli scienziati naturali in molte aree costiere dell’Indonesia hanno evidenziato gli effetti amplificativi del disastro provocati dal decennale e selvaggio abbattimento delle foreste di mangrovie a scopo edilizio. La struttura forte e ramificata di queste piante avrebbe agito positivamente sulla frammentazione e la conseguente perdita di potenza distruttiva del fronte d’onda dello tsunami, come ha fatto per esempio, in profondità, la barriera corallina in altre zone.


mangrovia: nome comune attribuito a molte specie di piante legnose, che crescono nei paesi tropicali sulle sponde delle lagune salmastre, sulle spiagge basse e fangose, allagate permanentemente o durante l’alta marea, nonché lungo gli estuari dei grandi fiumi.


Un'immagine a metà tra sopra e sotto il livello dell'acqua in una foresta di mangrovie. Sopra l'acqua, si vedono alberi di mangrovie con rami ricchi di fogliame verde che si estendono verso il cielo. Sotto la superficie, sono visibili le radici aeree delle mangrovie che emergono dal fondo sabbioso, creando un intricato sistema radicolare sommerso. L'acqua è limpida, permettendo di vedere chiaramente i dettagli subacquei.
La ramificazione delle mangrovie è abbastanza forte da indebolire la potenza delle onde e quindi da agire come deterrente per un disastro naturale come uno tsunami.

Precondizione socioeconomica

La precondizione ecologica che abbiamo indicato è conseguenza di una pericolosa precondizione socioeconomica del disastro, cioè una ben precisa ideologia turistica. In anni recenti, il Sud-Est asiatico è diventato meta di sempre più intensi flussi di turisti da tutto il mondo. Le città e i villaggi del circuito più richiesto, in Thailandia, Singapore, Indonesia, Malesia e in particolare nelle isole di Sumatra, Giava e del Borneo, vengono rappresentati come territori mitici e favolosi, l’ultima frontiera dell’Estremo Oriente misterioso. Il materiale illustrativo delle agenzie turistiche alimenta potenti stereotipi dell’esotico; inoltre, la narrazione del buon selvaggio e dell’eden incontaminato, in questa specifica ideologia turistica, prevede e determina che i grandi alberghi e resort siano costruiti sempre più vicini alla spiaggia e al mare. La macchina edilizia produce dunque una profonda e irreversibile alterazione del paesaggio, mutandone radicalmente i fattori di equilibrio. In un’economia dell’ambiente di tipo liberista, nella quale il mercato deve essere mantenuto libero da vincoli dello Stato, in quanto capace di autoregolarsi per garantire il benessere, la natura non è considerata come un bene prezioso e fragile da proteggere, ma è implicitamente intesa come una semplice merce da cui l’imprenditore può conseguire un profitto per soddisfare il desiderio del consumatore. Fra l’altro, in molte zone del Sud-Est asiatico gli ingenti profitti delle multinazionali del turismo non hanno una reale ricaduta in termini di miglioramento delle condizioni di vita locali; anzi, molte zone rimangono economicamente arretrate: l’indigeno scalzo che porta le valigie del turista accresce il senso stereotipato dell’esotico e del selvaggio.


paesaggio: in antropologia si intende il prodotto dell’interazione fra le caratteristiche naturali di una data porzione di territorio e i significati che vi sono inscritti attraverso le percezioni, le pratiche, le narrazioni e gli scopi di chi lo abita e lo osserva.