A tali temi è dedicato uno dei suoi studi più noti, L’etica protestante e lo spirito del capitalismo (1904-1905), in cui egli avanza la tesi secondo la quale l’origine del capitalismo va ricercata nell’influenza esercitata dall’etica protestante di matrice calvinista, diffusasi a partire dal XVI secolo tra i primi commercianti-imprenditori del Nord Europa. Infatti, nel periodo successivo alla Riforma protestante, l’attitudine alla ricerca del successo negli affari, caratteristica del protestantesimo, aveva favorito lo sviluppo di un atteggiamento individuale funzionale allo sviluppo dei commerci e delle altre attività economiche che avrebbero poi dato vita al sistema industriale capitalistico.
Weber sostiene che un certo tipo di riferimenti culturali (le idee religiose del calvinismo) hanno direttamente influenzato la sfera materiale dell’economia (il capitalismo), contrapponendosi così alla lettura della società fatta da Karl Marx, il quale riteneva invece che fosse la struttura economica a dominare le logiche sociali, reputando le religioni e le ideologie nient’altro che sovrastrutture elaborate dalle classi superiori per tenere sotto controllo le masse di lavoratori salariati | UNITÀ 1, p. 342 |.


calvinismo: dottrina teologica formulata da Giovanni Calvino (1509-1564), caratterizzata dal concetto dell’assoluta sovranità di Dio nel concedere la grazia e da una visione pessimistica dell’uomo.
Riforma protestante: movimento religioso, politico, culturale del XVI secolo, che generò la frattura della cristianità in diverse confessioni (Chiesa luterana, calvinista, anglicana ecc.).


2.2 RAZIONALIZZAZIONE E BUROCRAZIA

Come abbiamo visto, per Weber il processo di razionalizzazione della società indica la tendenza di lungo periodo, tipica in primo luogo del mondo occidentale, ad abbandonare i sistemi di credenze tradizionali per adottare il ragionamento razionale come logica principale nell’organizzazione della società. Il processo di razionalizzazione coincide dunque con un sempre maggior peso, nella società, delle istituzioni e delle forme di agire razionale, basate sulla valutazione oggettiva degli obiettivi da perseguire e sul metodo scientifico. Tuttavia, l’affermarsi della ragione non significa che tutti i comportamenti umani siano divenuti razionali. Anche nella società moderna continuano a essere presenti forme di azione che possono essere basate sulle emozioni o sull’accettazione acritica delle tradizioni e delle routine consolidate.
D’altro canto, sebbene Weber riconosca molti aspetti positivi nel processo di razionalizzazione, ne individua anche problemi e pericoli. Se la ragione, infatti, ha liberato gli individui dai comportamenti legati alla tradizione e alla superstizione, per un altro verso ha aperto al rischio di una disumanizzazione dei valori e delle libertà dell’essere umano: gli individui, sostiene Weber, rischiano di diventare “ingranaggi di una macchina” e possono ritrovarsi come rinchiusi in una “gabbia d’acciaio” rappresentata dalla struttura delle istituzioni burocratiche prodotte dalla logica razionale. A tal proposito, egli associa il processo di razionalizzazione a un’altra trasformazione culturale, che definisce come disincanto del mondo: la tendenza, tipica della modernità razionale, non più di interpretare il mondo attraverso riferimenti mistici e spirituali, ma di descriverlo grazie al pensiero scientifico.


disumanizzazione: privazione o perdita delle caratteristiche umane.