Dovevo diventare come lui. Solo che io non ero “Lui”. Io ero “rossa”. E per combattere contro la tendenza naturale ad appassionarmi di questo e di quello a scrivere stupidaggini nel mio diario personale, a sognare a occhi aperti… dovevo controllarmi, dovevo costringermi, dovevo impegnarmi, dovevo.
Kant sarebbe stato fiero di me!
Arrivata in Normale, è stato il trionfo del dovere. Mi ricordo che nei corridoi si raccontava che il “più bravo” avesse fatto sei esami il primo anno. Io, allora, ne ho fatti nove. E in due anni li ho finiti tutti.
E mi sono laureata in “tre anni e una sessione”. Con una tesi in due volumi sul rapporto tra “essere” e “dover essere”.
Quei problemi logici sull’impossibilità o meno di derivare le proposizioni normative da quelle descrittive mi divertivano. La logica mi rassicurava. Tutto era chiaro. Limpido. Cristallino.
E poi era bello vedere che tra l’essere e il dover essere non c’era alcun rapporto. Che potevo anche non “essere” la persona giusta e perfetta che papà avrebbe voluto che fossi. Ma che potevo diventarlo. Perché il “dovere” implica il “potere”, come mostrava Kant. Quindi bastava “dovere”. Come volevasi dimostrare.
È buffo come l’inconscio sia talvolta a fior di pelle… e si insinui nei meandri più reconditi della mente senza che nessuno se ne accorga… meno che mai i diretti interessati.
È buffo e affascinante al tempo stesso. Perché visto così, da lontano, chi poteva immaginare che la mia passione per la logica nascondesse il bisogno di sapere che non si può fare nulla di fronte al fascino discreto del “dover essere”?
Peccato che, nel frattempo, avessi cominciato a sentirmi in colpa quando mangiavo. Peccato che, il giorno della laurea, pesassi solo 35 chili e annegassi nel completo rosa che mi avevano fatto comprare per l’occasione.
Le ossa appuntite. I capelli corti corti, perché avevo cominciato a perderli.
“Visti gli attestati degli studi compiuti, visto il risultato dell’esame da lei sostenuto con lode, le conferiamo la laurea di dottore in filosofia.”
L’aula magna dell’Università di Pisa ride con me. È fine giugno, e fuori comincia a far caldo. Io ho freddo, ma sono felice.
Sono stata la più brava…
M. Marzano, Volevo essere una farfalla, Mondadori, Milano 2011, pp. 5-6 e 19-20