Venti anni dopo, a Stans, la prospettiva è diversa. Pestalozzi ha avuto modo di sviluppare la sua riflessione pedagogica e di esplicitarla attraverso alcuni dei suoi scritti più importanti. La direzione dell’orfanotrofio di Stans, nonostante duri solo pochi mesi, gli permette di definire alcuni elementi cardine del suo metodo educativo. Egli si trova a lavorare con bambini che hanno subito forti deprivazioni affettive e per di più non può contare su collaboratori preparati. Questa situazione di partenza lo porta a stabilire che:

  • l’amore deve essere il presupposto di ogni intervento educativo;
  • tutti gli alunni vanno stimolati attraverso un metodo elementare, vicino alle modalità di apprendimento dei fanciulli stessi, ad acquisire le nozioni fondamentali del sapere;
  • gli alunni migliori devono diventare i collaboratori dell’insegnante attraverso la pratica del mutuo insegnamento, che assegna agli studenti più dotati il compito di seguire nella ripetizione delle lezioni piccoli gruppi di studenti.

L’evoluzione del metodo: Burgdorf e Yverdon

Nella scuola di Burgdorf Pestalozzi parte da una condizione iniziale molto diversa: ha a disposizione collaboratori preparati e una scolaresca proveniente dal ceto medio. Questo stato di cose gli permette di consolidare il suo metodo educativo.
Per un verso gli insegnanti sono orientati a specializzarsi in specifici ambiti disciplinari e partecipano alla scrittura del testo rivolto ai genitori Libro delle madri e di quello diretto agli insegnanti ABC dell’intuizione, mentre sul fronte del programma formativo si segue il metodo elementare intuitivo o oggettivo, per cui ogni insegnamento deve partire dall’osservazione diretta del bambino ed essere incentrato sull’intuizione, che rappresenta per Pestalozzi il fondamento naturale delle esperienze conoscitive del fanciullo.
Sul piano della pratica didattica l’educatore di Zurigo organizza le attività a partire da tre gruppi di discipline, espressione diretta dei tre elementi fondamentali dell’intuizione:

  • il numero, sviluppato attraverso l’aritmetica e il calcolo;
  • la forma, insegnata attraverso la geometria, il disegno e la scrittura;
  • il nome, collegato all’apprendimento della lingua.

Ogni insegnamento deve procedere con gradualità, per cui – per esempio – la lingua viene insegnata a partire dal suono, dal canto, per poi procedere con la sillaba, la parola e la frase. Gli alunni, poi, non sono suddivisi in classi fisse, ma in gruppi che cambiano a seconda delle competenze dei ragazzi nelle varie aree disciplinari. Il percorso formativo è completato da una educazione al lavoro, che non si traduce più nella preparazione a un mestiere, ma in una forma mentis che serve ad acquisire l’idea del lavoro come valore sociale, in previsione della vita adulta.