Chiuso l’istituto di Burgdorf dalle autorità politiche, Pestalozzi si trasferisce a Yverdon, dove fonda nel 1805 una scuola-convitto a pagamento, che arriva a ospitare centocinquanta alunni di entrambi i sessi e quindici insegnanti. L’istituto raggiunge una fama europea, accoglie molti studenti stranieri e numerose sono le visite di autorevoli protagonisti del mondo culturale del tempo, come Robert Owen, Andrew Bell e Friedrich Fröbel. Si prosegue il sentiero tracciato a Burgdorf e molti collaboratori di Pestalozzi sviluppano metodi didattici efficaci, come Joseph Schmid per la matematica. Ma a fronte di questi buoni risultati si registra anche un irrigidimento delle pratiche educative. La costante preoccupazione di Pestalozzi di trovare un metodo di base per l’educazione popolare degenera in una precettistica particolareggiata e in un eccessivo mnemonismo, che entrano in conflitto con la libera espressione dell’intuizione infantile. L’educatore svizzero diviene presto consapevole della situazione, ma non riesce a introdurre i giusti correttivi.
Gli ultimi anni
Dopo un quindicennio di attività l’istituto di Yverdon chiude i battenti, lasciando dietro di sé una scia di polemiche, che rattristano gli ultimi anni di vita di Pestalozzi. Ciononostante egli non smette di lavorare al perfezionamento del suo metodo educativo e nell’ultima sua grande opera, Canto del cigno, giunge a un ripensamento globale della sua attività educativa e pedagogica. Pestalozzi recupera l’idea della “vita che educa” e rifiuta ogni forma di irrigidimento metodologico, mettendo in evidenza che l’azione educativa deve muovere dall’individualità dell’educando raccordandosi con il contesto socio-culturale esistente. In particolare, rispetto alla formazione dei fanciulli poveri Pestalozzi ribadisce che l’intervento educativo deve sì sviluppare le disposizioni naturali del soggetto e contribuire alla sua emancipazione, ma deve anche essere condotto con adesione profonda alla vita reale, il che impone da parte del soggetto un’accettazione positiva della propria condizione sociale.
