Il lessico di provenienza isolana e meridionale costituisce dunque una componente significativa della poesia siculo-toscana. Alcuni sicilianismi che i poeti nati in Toscana riprendono dai Siciliani paiono configurarsi come veri e propri tecnicismi di questa poesia: per esempio, abento (“quiete”, “requie”, “tranquillità”); abentare (“aver quiete”); dia (femminile, “giorno”). Di genesi analoga ma di diffusione più fortunata (giunge sino alla lingua poetica ottocentesca) è il condizionale fora (“sarebbe”, ma anche “sarei”).
Le altre componenti linguistiche
Possiamo perciò concludere che la lingua dei testi siculo-toscani si presenta come un intarsio in cui il siciliano (o la varietà meridionale) convive senza difficoltà con la componente toscana. A questi ingredienti se ne affiancano altri di matrice provenzale e latina. L’uso di fonti diverse permette ai rimatori di aumentare il ventaglio delle scelte formali a loro disposizione e di costruire uno strumento comunicativo composito. Attraverso esperimenti di questo tipo si pongono le basi di quell’italiano poetico che nel Trecento troverà una compiuta sistemazione con Petrarca e che si rivelerà in grado di caratterizzare lo sviluppo della nostra poesia per diversi secoli.
Nei Siculo-toscani al siciliano e al toscano si affiancano forme provenzali e latine.

Gli autori e i testi
Guittone d’Arezzo
LA VITA
Guittone nasce intorno al 1235 ad Arezzo. Di agiata famiglia borghese guelfa, nel 1263 lascia la città per dissidi politici. Nel 1265, in seguito a una crisi spirituale, abbandona la moglie e i tre figli per entrare nell’ordine dei Milites Beatae Virginis Mariae (Cavalieri della beata Vergine Maria, i cosiddetti “frati gaudenti”, un’associazione ospedaliero-militare di laici con finalità religiose e pacificatrici). Muore a Firenze nel 1294.