Un “testo guida” per Dante
La canzone guinizzelliana verrà ricordata con insistenza, anche nel pieno della sua maturità, da Dante, che assegnerà al suo autore un ruolo importante nella propria formazione poetica. In primo luogo, egli ne sottolinea un aspetto tecnico, menzionandola due volte nel De vulgari eloquentia: la prima (I, 9, 3) quando deve citare un testo in cui si legga la parola “amore”; la seconda (II, 5, 4) nel momento in cui, esaltando l’endecasillabo come superbissimum carmen (“metro nobilissimo”), individua nel primo verso di Al cor gentil un esempio degno delle più alte prove della produzione romanza.
Tuttavia il testo di Guinizzelli sarà per Dante un testo guida soprattutto per i princìpi ideologici in esso contenuti: oltre all’identità tra amore e cuore gentile, il valore catartico dell’amore e l’aspirazione a rendere la donna come una ’ntelligenzia del cielo, nella quale Splende […] Deo criator (vv. 41-42). Citata anche nel Convivio (IV, 20, 7) per il paragone della pietra preziosa che, se imperfetta, non può ricevere la virtù celestiale, questa poesia riecheggerà nella memoria dantesca anche alla presenza di Paolo e Francesca, nel canto V dell’Inferno, nella celebre espressione «Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende» (v. 100).
Lo stile
L’accumulo delle similitudini
L’incalzante procedere argomentativo della canzone si basa su una fitta serie di paragoni che hanno lo scopo di rendere chiari, evidenti, quasi tangibili i concetti che l’autore si propone di illustrare. Per esempio, l’amore e il cuore gentile sono nati contemporaneamente e legati tra loro in una inevitabile e perfetta congiunzione naturale: l’uno è parte inscindibile dell’altro, come gli uccelli si volgono istintivamente alla vegetazione del bosco, come la luce è connaturata al sole e al calore della fiamma, e così via.
Una struttura retorica articolata
Sono però anche altri gli artifici retorici utilizzati dall’autore, tanto che la canzone appare strutturata su una complessa architettura retorico-argomentativa. Per esempio la ripresa, nei primi versi delle prime tre strofe, dei termini chiave amore e cor gentil pone in evidenza e ribadisce il nucleo tematico fondamentale del componimento: l’identità tra amore e nobiltà d’animo. Sempre nelle prime tre strofe, le similitudini di cui abbiamo parlato servono a chiarire l’enunciato del primo verso di ogni strofa: l’autore fa un’affermazione e poi la spiega attraverso alcuni esempi.
Se le prime tre strofe rappresentano la parte dimostrativa della canzone (quasi una lezione a tema, che non a caso si conclude con la ripresa, al v. 28, dei termini chiave, amore e cor gentil), nella quarta strofa si analizza in dettaglio che cosa sia il “cor gentil”. Già nell’incipit questa strofa è diversa dalle precedenti: si apre infatti con un paragone naturalistico, che verrà spiegato solo successivamente. La quinta strofa – che inizia anch’essa (come la quarta) con una similitudine – è invece incentrata sulla figura femminile, quale motore del sentimento amoroso. Infine troviamo il dialogo tra il poeta e Dio di cui si è già detto.
Il lessico filosofico-scientifico
Quando Guinizzelli scrive questo testo, Bologna è un centro universitario tra i più prestigiosi d’Europa. Non sarà un caso, dunque, che l’autore – appartenente, in base all’identificazione oggi più accreditata, a un nuovo ceto in ascesa, orgoglioso della propria cultura come di un segno distintivo – introduca nel linguaggio della poesia elementi relativi alla cultura naturalistica e scientifica, oltre ad alcuni concetti e formule della filosofia aristotelica, per esempio quando individua nella donna idealizzata la capacità di tradurre in atto l’amore che in potenza è presente nei “cuori gentili”.