L’ineffabilità dell’amore
L’amore appare dunque a Cavalcanti come una forza paralizzante, che rende l’uomo incapace di agire e di parlare, un’esperienza così sconvolgente da non poter quasi essere descritta. Da qui deriva un altro motivo tipicamente cavalcantiano, quello dell’ineffabilità: se la passione amorosa è un’esperienza irrazionale, una folgorante epifania dello spirito, essa può essere difficilmente riferita e rappresentata, cioè rimane sostanzialmente indicibile nella sua essenza più profonda, ed è analizzabile soltanto attraverso le teorie scientifiche di cui si è parlato.
Ciò spiega le caratteristiche dello stile di Cavalcanti, che è capace di riprodurre la canonica dolcezza stilnovistica, ma allo stesso tempo di sperimentare registri diversi, con una particolare preferenza per i toni drammatici. In tal caso il poeta ricerca una «scarna e quasi ermetica concentrazione espressiva nella quale il virtuosismo tecnico è posto al servizio di una densità concettuale che rischia di sconfinare nell’oscurità» (Mangini).
L’amore è un’esperienza tanto sconvolgente da essere indicibile.