Cino da Pistoia

LA VITA

Cino da Pistoia (Guittoncino di ser Francesco dei Sigisbuldi) nasce nella città toscana quasi certamente nel 1270. Di famiglia nobile, studia diritto a Bologna e a Orléans. Tra il 1303 e il 1306 è costretto, come guelfo di parte nera, a vivere in esilio, da dove torna ricevendo riconoscimenti e onori. Giudice e giurista tra i maggiori del suo tempo, docente di diritto a Siena, a Perugia e a Napoli, è autore di importanti opere giuridiche, tra cui la Lectura in Codicem (1314), monumentale commento ai primi nove libri del Corpus iuris civilis di Giustiniano. Muore nel 1336 o 1337.

Cino da Pistoia è autore di numerose rime, apprezzate da Dante e Petrarca.

LE OPERE

Cino da Pistoia compone un ampio numero di rime (almeno 20 canzoni, 11 ballate e 134 sonetti), apprezzate sia da Dante (suo amico di gioventù, in occasione della cui morte nel 1321 Cino compone una canzone-compianto) sia da Petrarca. Alla sua opera è riconosciuto un ruolo di mediazione fra lo Stilnovo fiorentino e la poesia del suo più giovane amico Petrarca.

T19 Angel di Deo simiglia in ciascun atto

Cino da Pistoia

La bellezza della donna è tale da annientare l’innamorato, in base al motivo cavalcantiano dell’amore-angoscia. Il testo è costruito sul contrasto tra il fascino della figura femminile e il disfacimento del cuore del poeta, che a causa di questa contemplazione rischia addirittura la morte.

/ L’angelica bellezza che annienta il poeta /

METRO Ballata di endecasillabi e settenari, con ripresa YzY e 3 strofe (l’ultima con funzione di congedo) a schema di rime AbB BaA AyY.

PARAFRASI e note

Angel di Deo simiglia in ciascun atto
questa giovane bella,
che m’ha con gli occhi suoi lo cor disfatto.

1-3 Questa giovane bella donna che con i suoi occhi mi ha distrutto il cuore assomiglia in ogni suo atteggiamento a un angelo di Dio.

Di cotanta vertù si vede adorna,
5 che qual la vuol mirare,
sospirando convene il cor lassare.
Ogni parola sua sì dolce pare,
che là ’ve posa torna
lo spirito, che meco non soggiorna,
10 però che forza di sospir’ lo storna,
sì angoscioso è fatto
quel loco, de lo qual Amor l’ha tratto.

4-12 Appare (si vede) tanto ricca (adorna) di virtù, che per chiunque voglia contemplarla è necessario (convene) abbandonare (lassare), sospirando, il proprio cuore. Ogni sua parola è (pare) così dolce, che dove essa risiede (posa) dimora (torna) il mio spirito vitale, che non resta più in me, giacché (però che) la forza dei sospiri se lo porta via (lo storna), tanto angoscioso è divenuto il luogo dal quale Amore lo ha fatto uscire (l’ha tratto).


7 pare: con il valore pregnante (cioè più forte) consueto nella poesia delle origini: “appare quale effettivamente è”.
12 quel loco, de lo qual Amor l’ha tratto: è il cuore del poeta.