Lo stile
La dolcezza dello stile
Dante nel De vulgari eloquentia (I, 13, 3) cita, accanto a sé stesso (indicandosi discretamente come unum alium, “un altro”), i fiorentini Guido Cavalcanti e Lapo Gianni e il pistoiese Cino: sono i poeti stilnovisti, che hanno «sperimentato l’eccellenza del volgare illustre» e, come dirà nella Divina Commedia, le «rime d’amore […] dolci e leggiadre» (Purgatorio, XXVI, 99).
Rispetto agli altri “tre grandi”, quanto allo stile Cino si distingue per la dolce musicalità e l’elegiaca malinconia nel cantare la lontananza dall’amata e il ricordo di un tempo felice, ma anche, come in questo caso, la sofferenza amorosa. Si tratta di una dolcezza ottenuta attraverso un lessico semplice, una sintassi regolare, delle parole armoniosamente legate tra loro senza asprezze e senza irregolarità nel ritmo.