La questione dell’autobiografismo
Oggi appare assodato che non si tratta – come una certa critica romantica aveva ipotizzato – di poeti istintivi o di cantori delle proprie vicende personali o delle disgrazie delle loro famiglie. Al contrario, questi autori amano travestirsi da “poeti maledetti”. Dunque bisogna eliminare l’equivoco che si tratti di una poesia frutto di autobiografismo, confidenza o abbandono alla sincerità.
Allo stesso tempo, però, non si può escludere a priori che in tali componimenti possa esservi qualcosa di vero, riducendoli a puro gioco letterario, privo di legami con l’esperienza, come se questi rimatori svolgessero freddi esercizi scolastici, indifferenti al loro contenuto. Il fatto che essi spesso si presentino come perdigiorno e dissipatori, moralmente corrotti e socialmente disadattati, oltre a rispondere a una convenzione di genere, indica in molti di loro anche un’insofferenza di fondo sul piano ideologico-sociale – questa, sì, intimamente sentita – nei confronti della cultura ufficiale.
La poesia comico-realistica si contrappone, per temi e stile, alla letteratura ufficiale.
TRECCANI La definizione
poeti maledetti e maledettismo Con l’espressione “poeti maledetti” venivano indicati, nella Francia della seconda metà del XIX secolo, i poeti anticonformisti e ribelli che amavano contestare le regole sia estetiche sia morali della società borghese: tra questi, i più celebri furono Charles Baudelaire, Paul Verlaine e Arthur Rimbaud. Si intende dunque con il termine maledettismo un atteggiamento di ostentato anticonformismo, di plateale disprezzo dei canoni morali, sociali, estetici del gruppo sociale di appartenenza da parte di chi, ritenendosi depositario di un credo ideologico o poetico d’avanguardia, si pone in posizione conflittuale con la mentalità del proprio tempo.