Molti aspetti tematici e stilistici della poesia comico-realistica rimandano a quella che lo studioso russo Michail Bachtin (1895-1975) ha chiamato «letteratura carnevalizzata». Bachtin ha approfondito tale concetto in un importante saggio sullo scrittore francese François Rabelais (attivo nella prima metà del Cinquecento): iniziato nel 1940 e pubblicato nel 1965, questo studio verrà tradotto in Italia nel 1979 con il titolo L’opera di Rabelais e la cultura popolare: riso, carnevale e festa nella tradizione medievale e rinascimentale.

Il riso carnevalesco
Bachtin sostiene l’esistenza di un collegamento tra il comico letterario e il carnevale. Lo studioso individua le caratteristiche del riso carnevalesco: si tratta di un riso creatore di un universo libero e aperto, sempre divergente rispetto ai valori ufficiali, attraverso gli strumenti della parodia, del rovesciamento, della mescolanza, del travestimento, del realismo corporeo e grottesco. La forza del riso carnevalesco si espande in letteratura tramite la carnevalizzazione, una modalità costruttiva ed espressiva che scardina ogni visione monologica (vale a dire “a senso unico”) e autoritaria. Anzi, Bachtin si spinge oltre, interpretando la nascita delle esperienze letterarie della modernità (prima fra tutte il romanzo) come effetto di quella logica del rovesciamento e del mescolamento tipica del carnevale.
Dalla società alla letteratura
Di questa dimensione antropologica – quella carnevalesca – Bachtin elenca alcuni elementi che transitano poi nella letteratura, soprattutto nelle forme nate nell’ambito espressivo della parodia (al quale appartiene per esempio, come si è visto, la produzione dei poeti comico-realistici): il ribaltamento delle gerarchie sociali e il venir meno delle rigide divisioni di ceto (rigide soprattutto in una società piramidale e statica come quella medievale); l’abolizione della divisione tra interno ed esterno (il luogo topico del carnevale è la piazza, spazio esterno per eccellenza); l’estrema libertà nei comportamenti e nei rapporti tra gli individui; la profanazione del sacro (dei suoi simboli, miti, personaggi, rappresentanti terreni) e l’irrisione dei valori ufficiali (sul piano morale e civile); la prepotente emersione, in primo piano, di quell’elemento materiale-corporeo (la sfera legata ai bisogni primari dell’essere umano, come il cibo, il bere, la sessualità) normalmente represso.
Il denudamento della realtà
L’effetto di questo processo di denudamento e di demistificazione della realtà genera il riso, attraverso il quale – scrive Bachtin – «l’oggetto può essere irriverentemente aggirato da tutte le parti; anzi, la schiena e il posteriore dell’oggetto (nonché il suo interno non soggetto a mostra) acquistano in questo piano un significato particolare. L’oggetto è spezzato e denudato (gli tolgono l’addobbo gerarchico): ridicolo è un oggetto nudo, ridicola è la veste “vuota” tolta e separata dal corpo».