T29 Il Veglio della Montagna

Marco Polo, Milione, capp. 40-41

Del Milione riportiamo i capitoli 40-41 (raccolti, nel volgarizzamento toscano del primo Trecento da cui attingiamo, sotto il titolo Del Veglio de la Montagna e come fece il paradiso, e li assessini), in cui l’autore non riferisce tanto, come in altri casi, una propria esperienza, quanto un “sentito dire”.
La leggenda del Veglio (cioè “vecchio”) della Montagna ebbe molta fortuna nel Medioevo. Si tratta di un personaggio immaginario, ma che allora si credeva davvero esistente: il capo di una setta politico-religiosa persiana di tipo ereticale, quella degli Assassini, stanziata nella regione caucasica a sud del Mar Caspio, i cui membri erano talmente fedeli al proprio capo da compiere, per suo ordine, i più efferati omicidi.

/ Il plagio di una setta di fanatici /

Milice1 è una contrada ove ’l Veglio de la Montagna solea dimorare anticamente.
Or vi conterò l’afare,2 secondo che messer Marco intese da più uomini.
Lo Veglio è chiamato in loro lingua Aloodin. Egli avea fatto fare tra due montagne
in una valle lo più bello giardino e ’l più grande del mondo. Quivi avea3
5 tutti frutti e li più begli palagi del mondo, tutti dipinti ad oro, a besti’e a uccelli;
quivi era condotti:4 per tale venìa acqua e per tale mèle5 e per tale vino; quivi era
donzelli e donzelle, li più begli del mondo, che meglio sapeano cantare e sonare
e ballare. E facea lo Veglio credere a costoro che quello era lo paradiso. E perciò
’l fece, perché Malcometto disse6 che chi andasse in paradiso, avrebbe di belle
10 femine tante quanto volesse, e quivi troverebbe fiumi di latte, di vino e di mèle.
E perciò ’l fece simile a quello ch’avea detto Malcometto; e li saracini di quella
contrada credeano veramente che quello fosse lo paradiso.
E in questo giardino non intrava se none colui cu’ e’7 volea fare assesino. A
la ’ntrata del giardino ave’ uno castello sì forte,8 che non temea niuno uomo del
15 mondo. Lo Veglio tenea in sua corte tutti giovani di 12 anni, li quali li paressero
da diventare prodi uomini. Quando lo Veglio ne facea mettere nel giardino a 4, a
10, a 20, egli gli facea dare oppio a bere, e quelli dormìa bene 3 dì; e faceali portare
nel giardino e là entro gli facea isvegliare.

Quando li giovani si svegliavano e si trovavano là entro e vedeano tutte queste
20 cose, veramente credeano essere in paradiso. E queste donzelle sempre stavano co
loro in canti e in grandi solazzi; e aveano sì quello che voleano, che mai per loro
volere non sarebboro partiti da quello giardino. E ’l Veglio tiene bella corte e ricca
e fa credere a quegli di quella montagna che così sia com’è detto.


TRECCANI Le parole valgono

assassino Per raggiungere lo stato mentale di passività e, insieme, di violenta esaltazione che consentiva loro di commettere delitti, i membri di una setta musulmana venuta in contatto con i crociati intorno al XIII secolo erano soliti fumare hashish. È in questo contesto che dobbiamo collocare l’origine della parola assassino, che letteralmente significa appunto “fumatore di hashish”. → Assassino è un sostantivo, ma anche un aggettivo. Spiega quale significato assume nelle frasi seguenti: «L’investigatore ha rintracciato il pugnale assassino»; «Per un salario da fame ha accettato di svolgere un mestiere assassino»; «Oggi fa un caldo assassino»; «Non resisto allo sguardo assassino di quella donna».


 
1 Milice: il nome deriva dall’arabo mulhid (“eretico”) e indica il territorio occupato dalla setta degli Assassini.
2 l’afare: il fatto.
3 avea: c’erano.
4 condotti: canali.
5 mèle: miele (forma antica toscana).
6 Malcometto disse: Maometto affermò (in Corano, sura 56).
7 cu’ e’: che (complemento oggetto) egli (soggetto).
8 forte: fortificato.