Finalità dell’opera e sue fonti
Nel preambolo, in cui viene esaltato il dono della parola quale elemento fondante della civiltà, l’autore dichiara esplicitamente il suo intento: quello di fare «memoria d’alquanti fiori [esempi scelti] di parlare, di belle cortesie, di be’ risposi [belle risposte] e di belle valentie [azioni valorose] e doni», perché «chi avrà cuore nobile e intelligenzia sottile» possa servirsene «a prode [a vantaggio] ed a piacere di coloro che non sanno e disiderano di sapere». Dunque si parla, indirettamente, di una destinazione pedagogica dell’opera, indirizzata specialmente agli incolti.
Per questo scopo didattico e ricreativo, l’autore coglie i suoi «fiori» dalle più svariate opere, sia sacre sia profane, dalla Bibbia a san Gregorio, dallo scrittore latino Petronio allo storico romano Valerio Massimo, dalle vite dei Santi Padri ai trovatori provenzali (spesso tali testi venivano letti in redazioni correnti all’epoca dell’autore, non in quelle originali).
Alle fonti scritte si aggiungono motti e leggende di tutti i tempi e luoghi, tratti dalla tradizione orale, oltre ad aneddoti e storielle popolari, specialmente riconducibili all’ambiente fiorentino. L’autore traduce, altera, talvolta aggiunge (ma più spesso accorcia), però improntando quasi sempre la materia del racconto a uno stile piuttosto personale.
Le novelle raccolte nel Novellino attingono alle più disparate fonti scritte e orali e si propongono di insegnare e divertire.