Le tensioni sociali

Le conseguenze sociali ed economiche di tale situazione non tardano a maturare: la produzione manifatturiera e il commercio diminuiscono sensibilmente, il ristagno della circolazione monetaria determina il fallimento delle banche, l’artigianato entra in crisi, le condizioni sia dei contadini sia dei salariati urbani peggiorano. Non a caso si moltiplicano insurrezioni e sommosse: significative sono le sollevazioni contadine in tutta Europa tra il 1355 e il 1359 (in particolare le jacqueries, le rivolte agricole scoppiate in Francia), e la ribellione a Firenze dei cardatori di lana, i Ciompi, che in seguito alla riduzione dei salari e all’aumento delle ore di lavoro occupano per qualche mese, nel 1378, il Palazzo della Signoria.

Divampano ribellioni e sommosse, come le jacqueries in Francia e il tumulto dei Ciompi a Firenze.

Dal Comune alla Signoria

I cambiamenti istituzionali

La crescente instabilità politica e demografica causa un arresto del dinamismo socioeconomico del Comune, che in questo clima di costante emergenza conosce infatti una progressiva involuzione oligarchica. Il governo delle città passa gradualmente nelle mani di pochi: un’aristocrazia formata da ricche famiglie, che conservano formalmente le strutture del Comune, ma inaugurano di fatto un regime signorile. In quasi tutta l’Italia centro-settentrionale si affermano organismi politici che si ampliano via via ai danni dei più deboli territori circostanti. La formazione degli Stati regionali determina il frazionamento politico della penisola, che terminerà solo con l’Unità d’Italia, a differenza di buona parte del continente, dove si formano molti Stati nazionali unitari e organizzati.

Ai Comuni si sostituiscono le Signorie e si formano gli Stati regionali.

La cultura

1 L’etica del mercante

La lenta rivoluzione del denaro

Lo studioso americano Gene Adam Brucker (1924-2017) ha definito la società fiorentina l’«impero del fiorino». Per capire come il Trecento si differenzi dall’epoca precedente, è utile riflettere proprio sul fiorino, la moneta coniata a Firenze che, grazie all’intraprendenza e al potere economico dei banchieri fiorentini, diventa nel XIV secolo la moneta di scambio preferita in tutta Europa.
A inizio secolo, dopo aver rimpianto «Fiorenza dentro da la cerchia antica», in cui «si stava in pace, sobria e pudica» (Paradiso, XV, 97, 99), Dante si scaglia proprio contro l’opulenza, simboleggiata dal fiorino, «il maladetto fiore / c’ha disvïate le pecore e li agni, / però che fatto ha lupo del pastore» (ha traviato il gregge dei cristiani, trasformando i pastori, cioè i prelati, in lupi, Paradiso, IX, 130-132). Pochi decenni dopo, Boccaccio, che conosce l’importanza del profitto (il padre è un mercante), si guarda bene dal deprecare il denaro e considerarlo “sterco del demonio”, come veniva spesso definito in età medievale. L’autore del Decameron condanna un uso distorto del denaro (e pertanto critica sia gli avari sia gli scialacquatori); tuttavia ne ha compreso l’importanza e le potenzialità, in una società sempre più competitiva, nella quale la posizione del singolo è determinata dall’operosità e dall’oculatezza finanziaria e i rapporti umani sono condizionati dalla capacità di ciascuno di gestire il proprio patrimonio.

Il denaro diventa un elemento centrale nelle relazioni umane e sociali.
Si consolidano i valori laici e borghesi della classe mercantile. L’individuo, la sua intelligenza e la sua virtù assumono una nuova importanza.

Abilità e virtù: i valori borghesi

Si impone così l’etica del mercante e, con essa, si affermano quei valori laici e borghesi dell’intelligenza e dell’individualità sui quali nel Quattrocento si fonderà l’antropocentrismo umanistico. Gli interessi pratici hanno preso il sopravvento sugli aspetti teorici e speculativi: l’uomo deve farsi da sé, non più mero esecutore di un disegno provvidenziale, ma capace di dominare la realtà grazie alle proprie virtù e plasmarla a proprio piacimento. Il mondo è un luogo di lotta e competizione, un campo di battaglia dove ciascuno deve sapersi affidare ai propri talenti, consapevole che il caso (che non è più la Fortuna dantesca, disposta dalla Provvidenza) si diverte a sconvolgere i progetti degli uomini e a frapporre capricciosamente ostacoli e imprevisti.

Miniatura che rappresenta una vivace scena commerciale. A sinistra, alcuni mercanti, vestiti con abiti colorati e riccamente decorati, discutono in un ambiente architettonico caratterizzato da archi gotici rosa. A destra, si osservano attività di vendita e produzione: scaffali pieni di pani e merci, figure che mescolano ingredienti in un grande recipiente e un cliente che tiene in mano un prodotto. In primo piano, un cavallo finemente bardato e alcune figure in abiti semplici completano la scena, sottolineando l'importanza del commercio e dell'artigianato nell'economia medievale.
Mercanti raffigurati in una miniatura del XIV secolo.