Che cosa soprattutto l’ha colpita?
Il fatto che, come altri autori medievali, non ha paura di descrivere la vita e le persone come sono davvero, senza idealizzazioni e senza ipocrisia. Certo, Boccaccio non è Dante, che nella Commedia non esita a usare parole ancor oggi considerate “volgari”. Boccaccio descrive situazioni molto spinte, senza mai usare le “parolacce”. Però non ha nessun problema a rappresentare il sesso, o la criminalità, e tutti i vizi e le debolezze umane, come sono davvero.
Che cosa può dire Boccaccio a un ragazzo o a una ragazza di oggi?
Bisogna innanzitutto chiarire ai ragazzi che leggere Boccaccio non è facile, perché la sua lingua è diversa dalla nostra. E non bisogna aver paura di dire loro che se Boccaccio scrive difficile è perché voleva darsi delle arie, costruiva le frasi italiane come se fossero latine, con il verbo alla fine, e questo è un difetto, c’è poco da fare! Inoltre certe novelle rappresentano un mondo aristocratico dai comportamenti sofisticati, con cui è difficile identificarsi. Ma ci sono anche novelle che parlano di ragazzi e ragazze che si innamorano, altre che raccontano scherzi cattivissimi, altre ancora che esplorano le complicazioni degli intrecci amorosi, e tutte queste novelle, se si riesce a superare la barriera della lingua, credo che possano dire qualcosa ancora oggi, e anche a chi non è ancora adulto.
Una domanda allo storico Barbero: che cosa ci fa capire Boccaccio del Medioevo?
La grande libertà di costumi, l’indipendenza con cui la gente viveva il sesso rispetto alle regole ufficiali, la complessità dei rapporti fra uomini e donne pur in una società che rispetto alla nostra è certamente patriarcale e maschilista, il grande rispetto per l’intelligenza umana, per la ragione, per la natura, l’ammirazione per i valori nobiliari e aristocratici che dominava anche nel mondo dei mercanti. Tutte cose che contrastano con l’immagine stereotipata, e falsa, del Medioevo prima oppressivo e bigotto e poi dominato dai valori borghesi che avrebbero soppiantato quelli feudali.
C’è qualcosa che lo scrittore Barbero ha imparato da Boccaccio?
A scrivere in modo il più chiaro possibile e con una sintassi lineare, cioè esattamente quello che non faceva lui.
Qual è il messaggio fondamentale di Boccaccio? Quali suoi temi risultano secondo lei ancora attuali?
Io non credo che Boccaccio avesse un “messaggio”: questo termine è stato di moda per un po’, ma adesso è passato di moda anche fra noi. Boccaccio scriveva per lo stesso motivo per cui tutti gli scrittori scrivono, e cioè che devono farlo, hanno una spinta dentro che brucia e li costringe a scrivere: per raccontare sé stessi o per descrivere il mondo in cui vivono. Boccaccio appartiene alla seconda categoria, è un grande osservatore della natura umana e delle consuetudini sociali, ed è questo che lo rende appassionante, non il fatto che ci sia nelle sue novelle qualcosa di “attuale”.
ALESSANDRO BARBERO è nato a Torino nel 1959. È professore ordinario di Storia medievale presso l’Università degli Studi del Piemonte Orientale. Nel 1996 ha vinto il Premio Strega con il romanzo Bella vita e guerre altrui di Mr. Pyle, gentiluomo. Ad esso ne sono seguiti altri, tra cui Romanzo russo (1998), L’ultimo rosa di Lautrec (2001), Poeta al comando (2003), Gli occhi di Venezia (2011), Le ateniesi (2015), Alabama (2021).
Tra le sue pubblicazioni di carattere storico: Benedette guerre. Crociate e jihad (2009), Il divano di Istanbul (2011), Donne, madonne, mercanti e cavalieri. Sei storie medievali (2013), Costantino il vincitore (2016), Caporetto (2017), Dante (2021). Ha collaborato con il programma Superquark di Piero Angela e collabora con il quotidiano “La Stampa” e con i programmi a.C.d.C. e Passato e presente di Rai Storia.