cronache dal passato

IL MISTERO DI FIAMMETTA

In passato i biografi hanno identificato Fiammetta con una certa Maria, una figlia naturale di re Roberto d’Angiò. Sposata giovanissima a un conte d’Aquino, per la sua bellezza per il suo carattere brillante sarebbe stata al centro della vita mondana della corte di Napoli. Eppure nessun documento a noi pervenuto attesta l’esistenza di una Maria d’Aquino. Il mistero rimane dunque fitto. Tuttavia, a prescindere dall’identità effettiva di questa donna, se vogliamo credere a quanto scrive Boccaccio nelle sue opere, Fiammetta fa innamorare di sé il giovane letterato appena la incontra un Sabato Santo nella chiesa napoletana di San Lorenzo. Anche le opinioni sulla data sono contrastanti: chi dice nel 1331, chi nel 1336. Comunque, da quel momento in poi Boccaccio comincia a corteggiarla scrivendo versi per lei.

La delusione amorosa

A partire dall’ottobre successivo a quel primo incontro primaverile, Fiammetta pare cominci a ricambiare il sentimento dello scrittore. Dopo tre anni, però, l’amara delusione: Fiammetta abbandona Boccaccio per un nuovo amore. Ma Giovanni non si arrende: continua a scrivere, aspettandola, nella speranza che l’amata decida di tornare da lui. Poi l’inattesa partenza per Firenze rende irrimediabile la frattura della loro relazione. Con l’Elegia di Madonna Fiammetta l’addio è definitivo; le parti vengono scambiate (ora è lei a sentirsi tradita, mentre lui è freddo e distaccato), e questa inversione dei ruoli rappresenta per Boccaccio l’unico risarcimento possibile, per via letteraria, alla sua delusione.


Dipinto intitolato Visione di Fiammetta di Dante Gabriel Rossetti. L'opera ritrae una donna dai capelli ramati con un'aureola luminosa dietro la testa, vestita di rosso acceso con drappeggi dorati. Nelle mani tiene rami fioriti. È circondata da fiori e in alto  si vede un uccello rosso; lo sfondo è scuro e decorato da rami e foglie.
Dante Gabriel Rossetti, Visione di Fiammetta, 1878. Andrew Lloyd Webber Collection.

Il ritorno a Firenze

La vita borghese e la peste

Nel 1340 la crisi della compagnia dei Bardi determina l’improvviso ritorno di Boccaccino a Firenze. Giovanni è costretto, suo malgrado, a seguire il padre. Si interrompe così per lui, all’età di ventisette anni, il periodo allegro e spensierato nella città partenopea. In seguito continuerà a sperare di potervi tornare stabilmente, magari attraverso un incarico presso la corte degli Angiò; ma tale speranza andrà frustrata.
Negli anni successivi si reca prima a Ravenna e poi a Forlì, per tornare nel 1348 di nuovo a Firenze, dove ha modo di constatare i terribili effetti della peste che in seguito descriverà nel Decameron, la sua opera più importante, una raccolta di cento novelle composta tra il 1349 e il 1353, la cui narrazione prende le mosse proprio dalla terribile esperienza della “morte nera”. Il Decameron va ad aggiungersi alle altre opere del periodo fiorentino: la Comedia delle ninfe fiorentine, l’Amorosa visione, l’Elegia di Madonna Fiammetta, il Ninfale fiesolano.

Nel 1340 Boccaccio lascia a malincuore Napoli e rientra a Firenze. Qui nel 1348 scoppia la peste, evento terribile che farà da sfondo al Decameron. Successivamente, in seguito alla morte del padre, Boccaccio si adegua alla vita borghese fiorentina e ricopre importanti incarichi grazie alle sue doti culturali e diplomatiche.