1 La letteratura e la realtà umana
Scrivere e leggere per vincere il degrado
Sul suo sepolcro Boccaccio volle che fosse scritto un epitaffio, da lui stesso composto, che si concludeva così: studium fuit alma poesis, ovvero il suo amore fu la poesia che dà vita, nutrimento, energia e, al tempo stesso, ripara dalle sofferenze della vita. Ecco: in questa sintetica affermazione è condensata la sua concezione della vita e della letteratura. Per lui il racconto e l’invenzione artistica adempiono a una funzione consolatoria, costituendo una sorta di spazio ameno che diverte e compensa il genere umano delle difficoltà e delle sofferenze affrontate nella vita.
La letteratura, in altri termini, crea e difende una realtà ordinata, rappresenta un luogo di libertà e di piacere, un rifugio nel quale riflettere sui temi più importanti dell’esistenza. Nel Decameron, come vedremo, dieci ragazzi fuggono dalla peste e proprio attraverso la narrazione di novelle rispondono simbolicamente al degrado, alla corruzione e alla morte in cui, a causa dell’epidemia, è precipitata la società.
Per Boccaccio la letteratura ha funzione consolatoria; è fonte di libertà e di piacere; è un rifugio in cui riflettere sull’esistenza.
Lo sguardo laico sulla vita
Boccaccio non si assume il compito di riflettere sulla verità religiosa o sulla presenza di Dio nel mondo: tutta la sua attività, compresa quella giovanile, nella quale pure il debito per la tradizione classica si traduce nel travestimento mitologico e nell’ambientazione epica o pastorale, si presenta come il racconto delle passioni, degli amori e delle avventure umane. Per questo, il mondo reale viene descritto in tutte le sue sfaccettature: non per come dovrebbe essere, ma per come è, con tutti i limiti, da raffigurare con il sorriso e con l’indulgenza di chi accetta le debolezze di sé stesso e del prossimo. Il suo sguardo sul mondo non produce condanne o giudizi preconfezionati: Boccaccio non ha dogmi da difendere né preoccupazioni trascendenti da assecondare. Il suo orizzonte, almeno fino alla stesura del Decameron, è totalmente laico, unicamente volto alla rappresentazione terrena del vivere, nella quale la presenza determinante e imprevedibile della “fortuna”, ovvero del caso, può essere gestita e controllata dallo spirito d’iniziativa e dall’intelligenza degli uomini, arbitri del proprio destino.
Boccaccio racconta avventure umane, senza verità religiose da affermare. Descrive il mondo reale per come è, non per come dovrebbe essere.
Il culto del “saper vivere”
L’individuo infatti deve sì conformarsi alla natura e obbedire alle proprie inclinazioni, ma non per questo deve soggiacere in modo passivo e irrazionale agli istinti, che al contrario vanno disciplinati grazie all’uso della ragione. Ed è proprio nell’esaltazione delle capacità umane di sottrarsi al caos del mondo che affiora un primo, fondamentale elemento della mentalità umanistica: la convinzione che il reale sia condizionato solo da forze immanenti e che ogni individuo possa operare autonomamente e in piena libertà per affermare sé stesso.
L’uso della ragione disciplina gli istinti: comincia a emergere la mentalità umanistica.