Lo stile
Una raffinata letteratura di consumo
La materia del Filocolo attinge a un vasto e ben noto repertorio di citazioni e luoghi comuni letterari: dai testi classici (Ovidio e Virgilio, dichiaratamente citati come auctores di riferimento insieme a Lucano e Stazio) fino alla Vita nuova di Dante, passando attraverso i romanzi in lingua d’oïl, all’epoca assai letti e amati nelle corti italiane. Le storie di Floire et Blancheflor, riprese da un poemetto francese del XII secolo, quelle di Tristano e Isotta e dei vari personaggi del ciclo di re Artù erano, in effetti, di dominio pubblico: libri da considerare, per usare la definizione della critica Maria Luisa Meneghetti, «vera e propria trivialliteratur», cioè letteratura di largo consumo, che però Boccaccio intende ora nobilitare offrendone una rielaborazione più colta.
In un altro passo del Filocolo,egli si propone infatti lo scopo di sottrarre questa materia ai «fabulosi parlari degli ignoranti», cioè ai grossolani racconti diffusi grazie alla tradizione orale, e di trasformarla in fonte di diletto per un pubblico altolocato, compreso quello femminile, affascinato dai bei sogni della poesia amorosa. Per questo, sul piano dello stile, non troviamo alcuna concessione popolaresca, bensì soluzioni formali di una «mezzana via»: se l’autore evita uno stile troppo aulico e solenne, non rinuncia tuttavia alla sintassi latineggiante (si noti per esempio, la posizione dei verbi, spesso collocati in conclusione di frase) e all’uso costante della metafora (in particolare, quella del fuoco amoroso).