I temi
La peste e i suoi effetti
Questo lungo brano tratto dall’Introduzione alla Prima giornata può essere suddiviso in due parti: nella prima si descrivono i terribili effetti della pestilenza del 1348; nella seconda si narra di come sette fanciulle e tre giovani decidano di rifugiarsi in un luogo ameno fuori città, stabilendo in seguito di occupare il proprio tempo narrando ciascuno una novella ogni giorno (esclusi il venerdì e il sabato, dedicati alle preghiere). La descrizione della peste è attenta e minuziosa. Boccaccio, però, non si limita a sottolineare la gravità del male o a elencare le scene orribili a cui la malattia ha dato origine, ma si sofferma ad analizzare le conseguenze morali e civili da essa provocate. In particolare l’autore mostra come la peste abbia finito per soffocare i sentimenti migliori degli esseri umani, quali la pietà e la carità nei confronti dei propri simili.
Il giardino e l’ordine
La peste ha dunque provocato una situazione di sostanziale disordine morale: gli animi delle persone si sono induriti, gli infermi vengono spesso abbandonati, la reverenda auttorità delle leggi, così divine come umane (rr. 37-38) è venuta meno, si è diffusa una generale dissolutezza ecc. A tutto ciò reagisce la brigata dei dieci giovani, scegliendo di ricostituire, in un luogo lontano dal contagio della malattia e dai suoi effetti devastanti, quelle basi di moralità e civiltà che a Firenze sembrano fortemente compromesse. Tutto è bello e ordinato (Dalle quali cose, per ciò che belle e ordinate erano, rallegrato ciascuno…, rr. 187-188): appare chiaro, così, come il palazzo, il giardino (rappresentato secondo i canoni tipici del topos classico del locus amoenus: l’erba, l’ombra, la brezza ecc.), la stessa organizzazione quotidiana del tempo della brigata siano nettamente contrapposti a quanto ci si è lasciato alle spalle. Si tratta, in qualche modo, di rifondare la civiltà, riscrivendone le regole: ciò dimostra come l’intento di Boccaccio sia quello di offrire, con quest’opera, non soltanto svago e diletto, ma anche un preciso quadro di valori etici e sociali.
La modernità di Boccaccio
Uno scrittore completamente immerso nella mentalità medievale, se avesse scelto di trattare in una propria opera la peste e le sue conseguenze, avrebbe improntato questa descrizione a intenti morali e religiosi ben definiti, parlando del terribile flagello come di una punizione divina e sollecitando così, nei suoi lettori, un memento mori, cioè una riflessione sulla precarietà della vita terrena. Invece nella nuova prospettiva di Boccaccio, lo scrittore – che pure alla peste annette, come abbiamo visto, un significato simbolico (la disgregazione della civiltà ecc.) – si lascia guidare, da un certo punto in poi, dal puro gusto del narrare. In altre parole, il teatro della peste è funzionale soprattutto a far sentire maggiormente la dolcezza del vivere: l’«orrido cominciamento» della peste serve a far risaltare ancora di più la serenità del luogo dove si rifugiano i dieci giovani. Non appena essi vi giungono, gli orrori dell’epidemia sono per loro già un lontano ricordo.
L’uscita da una «selva oscura»
Tuttavia il significato della cornice non si esaurisce in quanto abbiamo detto sin qui: le sue valenze sono, a giudizio di alcuni critici, anche altre. Per esempio per lo studioso Franco Cardini la cornice del Decameron, con le tragiche descrizioni del sovvertimento sociale e familiare causato dalla peste, è comparabile alla «selva oscura» del primo canto della Divina Commedia. Allo stesso modo il percorso compiuto dai dieci giovani nei dieci giorni che trascorreranno narrando è equiparabile a un cammino iniziatico, a un viaggio all’interno di sé stessi, all’attraversamento del male per il raggiungimento del bene o, come diremmo oggi, a una sorta di “terapia di gruppo”, grazie alla quale vengono superati il senso di morte e i traumi causati dalla pestilenza (molti dei giovani, e specialmente delle giovani, sembrano aver perso tutti i propri familiari), ma anche e soprattutto le conseguenze negative di un’etica debole o corrotta.