Come si è detto nell’analisi (vedi pp. 457-459), la novella di Ser Ciappelletto è stata oggetto di letture contrastanti da parte degli studiosi. Ti proponiamo qui due interpretazioni differenti: quella di Vittore Branca (1913-2004) pone l’accento sul carattere irreligioso di Ciappelletto, simbolo negativo delle spietate leggi della “mercatura”; quella di Carlo Muscetta (1912-2004) considera invece la beffa finale come il rovesciamento ironico di una religione ridotta dalla spregiudicata morale borghese a puro fatto formale, a rito convenzionale.

Vittore Branca
Esempio estremo, quello di Ciappelletto: che piuttosto di mettere in pericolo il dominio dei banchieri italiani in Borgogna, piuttosto di ribellarsi alla «ragion di mercatura» sceglie di perdersi per l’eternità con piena coscienza della sua dannazione. È questa la «ragione» che induce lui, credente (e non scettico, come è stato detto) alla confessione sacrilega in punto di morte: è questo il motivo dell’ammirazione dei fratelli usurai per la sua empietà inaudita, alla Capaneo,1 per la sua forza sovrumana o meglio disumana («Che uomo è costui, il quale né vecchiezza né infermità né paura di morte alla qual si vede vicino, né ancora di Dio, dinanzi al giudicio del quale di qui a picciola ora s’aspetta di dovere essere, dalla sua malvagità l’hanno potuto rimuovere?»). E allora anche il famoso bieco ritratto di Ciappelletto, che apre la novella con le sue linee fosche e senza sfumature, con le sue enumerazioni cupe e taglienti, appare non indugio oratorio o pezzo di bravura ma premessa coerente e necessaria alla enorme, calcolata empietà che è al centro del racconto […].
Perché al centro dell’atteggiamento in cui il Boccaccio scopre e contempla la smisurata forza della «ragion di mercatura» sta un’esitazione, che soltanto qualche volta (come nelle figure di Musciatto e di Ser Ciappelletto) si colora di tinte oscure e di biasimo. È un’esitazione, uno sgomento, fatto insieme di stupore e di orrore, che può richiamare quello di Dante – sia pure di passaggio sottolineato dal Boccaccio (Esposizioni V 1, 177 e ss.) – di fronte a certi peccatori, come Paolo e Francesca, e alla forza delle passioni e delle suggestioni che li condussero alla dannazione («Quand’io intesi quell’anime offense…»). Sembra che il Boccaccio, proprio mentre innalza questa nuova epopea, avverta anche i limiti o meglio gli aspetti disumani di questa potente e prepotente civiltà.
(Vittore Branca, Boccaccio medievale e nuovi studi sul Decameron, Sansoni, Firenze 1990)
1 Capaneo: eroe della mitologia greca, posto da Dante nell’Inferno, fra i bestemmiatori e i violenti contro Dio nella parola.
