Carlo Muscetta
L’inopportuna canonizzazione e gli opinabili miracoli non voluti certo da Ser Ciappelletto inquadrano un exemplum il cui contenuto non è certo dantesco. La cupiditas, proprio perché è divenuta «ragione di mercatura» (Branca), diviene la legge di un mondo estetico e morale considerato nella sua logica autonoma, dove la religione ha una dimensione di carattere sociale, fa parte del «convenevole»: il ben morire è non meno importante del ben vivere. Al centro della memoria mistificante e carnevalesca di Ser Ciappelletto si colloca la sua autobiografia leggendaria che contraffà tutta la sua reale esistenza. […] Non per nulla, a coronamento dell’orazione canonizzante, il vecchio frate celebra la sua «lealtà e purità», cioè le sue qualità di pio e onesto mercante, che aveva risposto in maniera esemplare alla sua domanda se avesse peccato di avarizia, «desiderando più che il convenevole».
Proprio su questo borghese san Ciappelletto e i suoi miracoli si esercita l’ironia immanente1 nello stile della novella, che lascia l’addentellato2 alle considerazioni degli ascoltanti, per cui oltre che esser «risa» è anche «commendata». Altra è la religione del mondo del «convenevole», altra è quella che lo scrittore proietta nel novellatore, che è di là dai «mezzani» di santità e di là dalle permutazioni che regolano le vicende delle merci e del denaro. Dio «come cosa impermutabile» è un valore eterno che conta più delle umane «oppinioni» sul futuro delle anime, la cui salvezza o dannazione non può dipendere da quanto i religiosi, anche se venerabili, possono aver «conceputo» in conferire canonizzazioni estemporanee. Quindi […] se il narratore si diverte e ci diverte è perché tutto si risolve con un lieto fine «convenevole» per tutti: Ser Musciatto recupera i suoi crediti, i due usurai non ci rimettono neppure le spese del funerale, il santo frate beneficia il suo «luogo» che da convento diviene santuario, i fedeli ci rimediano reliquie e miracoli, e Ser Ciappelletto se non s’è conquistato il paradiso per grazia di Dio, non si è certo perduto l’inferno per cui tanto aveva operato. Il novellatore ne può ricavare un lieto exemplum alla rovescia, e senza nulla presumere sulla salvezza o sulla dannazione, è intanto grato a Dio se «in questa compagnia così lieta» tutti saranno «sani e salvi servati» dalla peste e dalla morte. Questa religiosità non vuole essere né cinica né bigotta. È una morale borghese, spregiudicata, serena.
(Carlo Muscetta, Boccaccio, Laterza, Roma-Bari 1992)
1 immanente: insita e permanente.
2 addentellato: nesso, appiglio concettuale.