intrecci STORIA Pasquino: una voce contro il potere A Roma si può ammirare ancora oggi, non lontano da piazza Navona, l’avanzo di un gruppo marmoreo, probabilmente risalente al III secolo a.C., raffigurante forse il torso di un eroe greco, lì collocato nel 1501 e chiamato Pasquino, in omaggio a un artigiano (un sarto, un oste o un barbiere) che aveva bottega da quelle parti. La statua finì subito con l’impersonare la satira anonima romana, dotta e popolaresca, perché in suo nome furono composti libelli (le cosiddette “pasquinate”, appunto) in latino e in volgare, in versi e in prosa contro i papi e il loro governo, contro i cardinali e la curia, contro persone e costumi giudicati a torto o a ragione degni di biasimo. Questa ricca produzione era pubblicata in appositi cartelli affissi al torso, al piedistallo, sui muri circostanti la statua di Pasquino, che divenne dunque la “statua parlante” per eccellenza, espressione dell’atteggiamento irriverente nei confronti del potere, tipico del popolo romano. Nella prima metà del XVI secolo non passava giorno a Roma senza che facessero bella mostra di sé motti spiritosi, invettive, epigrammi satirici che mettevano alla gogna principi e papi. Ne erano autori verseggiatori di ogni risma: poeti dilettanti, cacciatori di fortuna, gaudenti spensierati. , III secolo a.C. Roma, piazza Pasquino. Pasquino Teofilo Folengo LA VITA Benedettino a due riprese Teofilo, al secolo Girolamo, Folengo nasce a nel . Di nobile famiglia decaduta, riceve un’educazione umanistica e nel 1508 diviene monaco benedettino. Dopo diversi trasferimenti in monasteri della Lombardia e del Veneto, a Padova entra in contatto con il vivace ambiente universitario, dove prosperano la goliardia e la letteratura maccheronica. Espulso per oscure ragioni dall’ordine benedettino nel 1524, si trasferisce a Venezia, dove prende servizio in qualità di precettore presso la famiglia Orsini. Riammesso alla vita monastica intorno al 1530, dopo un periodo vissuto in Campania e in Sicilia trascorre gli ultimi anni come priore del convento di Santa Croce a , presso Bassano del Grappa, dove muore nel . Mantova 1491 Campese 1544 Folengo ebbe una vita movimentata, con nel Nord e nel Sud d’Italia. numerosi trasferimenti LE OPERE L’espressiva e giocosa epopea maccheronica Folengo scrive in volgare e in latino poemi cavallereschi e religiosi, e raccolte di versi e di prose. Tuttavia, la sua importanza nella letteratura italiana risiede nella sperimentale adozione di una lingua inventata, dal grande vigore espressivo: il maccheronico. È un , in cui il lessico volgare si innesta sulla struttura morfologica e sintattica del latino. L’effetto comico che ne consegue è efficacissimo: nella , il tradizionale poema epico viene ridicolizzato attraverso il racconto di una guerra tra mosche e formiche; la sviluppa invece una parodia del modello aristocratico dell’elegia bucolica, mettendo in scena un ambiente pastorale non più stilizzato (come avveniva nella poesia virgiliana e petrarchesca), ma autentico e realistico; nel , infine, assistiamo a un significativo rovesciamento del poema cavalleresco, negli stessi anni in cui le corti celebrano il successo dell’ di Ariosto. linguaggio misto Moscheide Zaninotella Baldus Orlando furioso La sua creazione originale è il , attraverso il quale i generi tradizionali. linguaggio maccheronico ridicolizza