A mme venga la podraga
(mal de cóglia sì me agrava),
25 la bisinteria sia plaga
e le morroite a mme sse dìa.

A mme venga ’l mal de l’asmo,
iongasecce quel del pasmo;
como a can me venga el rasmo,
30 entro ’n vocca la grancia.

vv. 23-27 Il realismo dell’autore sembra compiacersi di insistere sugli aspetti più sgradevoli e abietti della corporeità.

23-26 Mi venga la gotta, il dolore ai testicoli (mal de cóglia) mi si aggravi, la dissenteria sia ulcerosa (plaga) e io soffra a causa delle emorroidi (morroite).

27-30 Mi venga l’asma, vi si aggiunga (iongasecce) l’angina pectoris (quel del pasmo); mi venga la rabbia (el rasmo) come ai cani e in bocca l’ulcera delle fauci (grancia).

A mme lo morbo caduco
de cadere enn acqua e ’n foco
e ià mai non trovi loco,
che eo afflitto non ce sia.

31-34 Mi venga l’epilessia (morbo caduco), così che io cada nell’acqua e nel fuoco e non trovi mai (ià mai) un luogo in cui stare senza dolore.

 


TRECCANI Le parole valgono

afflitto Il verbo latino fligere vuol dire “percuotere”: non c’è modo più efficace di rappresentare chi è afflitto come qualcuno che sia battuto e tormentato dai dolori, sia fisici sia morali. Sentirsi dire di avere un’aria afflitta significa proprio che non riusciamo a nascondere agli altri la nostra condizione di profondo avvilimento. → La ricchezza di aggettivi che denotano questo stato d’animo attesta, purtroppo, che esso è in una certa misura connaturato alla vita umana. Individua quali tra i seguenti aggettivi non sono sinonimi di afflitto: accorato; crucciato; infiacchito; tormentato; sconfortato; prostrato; vilipeso.


35 A mme venga cechetate,
mutezza e sordetate,
la miseria e povertate
e d’onne tempo entrapparìa.

35-38 Mi vengano la cecità, il mutismo e la sordità, la miseria e la povertà, e che io sia sempre (d’onne tempo) rattrappito (entrapparìa).

Tanto sia ’l fetor fetente
40 che non sia null’om vivente,
che non fuga da me dolente,
posto en tanta enfermaria.

vv. 39-42 La figura etimologica fetor fetente enfatizza la carica di ripugnanza meritata dal corpo umano.

39-42 La mia puzza nauseabonda (fetor fetente) sia così grande che non ci sia alcuna persona (om vivente) che non fugga da me sofferente (dolente), colpito da una così grande infermità (enfermaria).

En terrebele fossato,
che Riguerci è nomenato,
45 loco sia abandonato
da onne bona compagnia.

43-46 Nel terribile fossato che è chiamato Riguerci, là (loco) possa io essere abbandonato da ogni buona compagnia.


44 Riguerci: località nei pressi di Todi, dove venivano abbandonati i malati inguaribili.

Gelo, grando e tempestate,
fulgure, troni e oscuritate;
e non sia nulla aversitate,
50 che me non aia en sua bailìa.

47-50 Vi siano gelo, grandine, tempesta, fulmini (fulgure), tuoni, oscurità, e non ci sia alcuna condizione atmosferica avversa (aversitate) che non mi abbia in suo potere.

Le demonia enfernali
sì mme sian dati a menestrali,
che m’essèrcino en li mali,
ch’e’ ho guadagnati a mea follia.

51-54 Mi siano dati come servitori (a menestrali) i demòni dell’inferno, che mi infliggano (m’essèrcino) i mali che ho meritato con i miei peccati (a mea follia).