CLASSICI a confronto Pascoli e d Annunzio AMICI-NEMICI I due pi importanti rappresentanti del Decadentismo italiano, Pascoli e d Annunzio, furono legati da un rapporto reciproco di odio e amore. Molto diversi per indole e temperamento, hanno condotto esistenze agli antipodi: riservata e dimessa quella di Pascoli, «inimitabile», avventurosa e sempre in prima pagina quella di d Annunzio. Da una parte abbiamo un poetaprofessore, che tende a chiudersi nel rimpianto degli affetti perduti; dall altra un esteta alla ricerca del successo, un uomo d azione, desideroso di «fare della propria vita un opera d arte». Entrambi maestri del Simbolismo e artefici di una rivoluzione linguistica di cui la poesia italiana del Novecento dovr tener conto, la loro relazione umana e intellettuale all insegna dell ambivalenza e della contraddizione. Li uniscono attestati di stima e ammirazione (Pascoli definisce il rivale il «Massimo », l «Unico», l «insuperabile Stesichoros», paragonandolo a un famoso poeta della Grecia antica), dediche apposte alle loro opere (celebre quella presente nel Commiato, la poesia che chiude Alcyone) e, nel caso di d Annunzio, anche un commosso elogio funebre del collega (pubblicato nel 1912, nel volume Contemplazione della morte); li dividono polemiche che infiammano la societ letteraria del tempo. A Firenze, nel 1900, una lettura dantesca nella chiesa di Orsanmichele viene affidata a d Annunzio e non a Pascoli, certo migliore dantista, che scrive alla rivista Il Marzocco : «Come potr piacere alle dame, e perci alla gente, senza un po di sport? Ch lo sport ormai necessario allo scrittore, oh!, pi dell ingegno! Pi dello studio! E anzi si pu dire che la letteratura sia essa tutto uno sport; una cavalcata in frak rosso». La risposta all attacco pascoliano («degno di una donnetta inacidita e pettegola») da parte di d Annunzio, punzecchiato per il suo debole per le donne e i cavalli, non si fa attendere: « noto che, tra i letterati d Italia, io ho il gusto di cavalcare a caccia e di arrischiare il mio bel cranio contro le staccionate della Campagna romana; come noto che tu hai il gusto egualmente rispettabile di rimaner su la ciambella, di centellinare il fiasco, di curare la stitichezza del tuo cagnolino». 510 IL SECONDO OTTOCENTO