Tommaso Landolfi LA VITA Tommaso Landolfi nasce a Pico (Frosinone) nel 1908. La famiglia paterna tra le pi antiche della zona e le ingenti propriet terriere consentono ai Landolfi una vita agiata. Nel 1910 muore la madre: il trauma della mancanza della figura materna accompagner Landolfi per tutta la vita. Dopo la licenza liceale, compie gli studi universitari a Roma e poi a Firenze, dove nel 1932 si laurea in Letteratura russa. A partire dal 1934 comincia a collaborare a numerosi periodici letterari, sui quali pubblica recensioni, saggi critici e soprattutto testi narrativi. Negli anni Trenta inizia anche l attivit di traduttore dal russo (Gogol , Pu kin e Dostoevskij). Fino all inizio degli anni Sessanta, quando si trasferir in Liguria, vive tra Roma, Firenze e Pico, dove si ritira ciclicamente per scrivere. Frequenti sono anche i soggiorni all estero. A Firenze frequenta l ambiente letterario che si raccoglie nel noto caff Giubbe Rosse; qui intrattiene anche conversazioni antifasciste che, probabilmente, sono la causa della sua detenzione nel carcere delle Murate nell estate del 1943. Nel 1955 vince il premio Marzotto, il primo di una serie molto nutrita di riconoscimenti, tra cui il Campiello, il Bagutta e lo Strega. Nello stesso anno si sposa, e dal matrimonio nasceranno due figli: Maria (chiamata sempre Idolina) e Landolfo (per la famiglia Tommaso). Muore a Ronciglione (Viterbo) nel 1979. LE OPERE Nella raccolta di racconti con cui Landolfi esordisce si intravedono gi i tratti tematici e stilistici propri della successiva produzione. Landolfi si ispira al fantastico, al romanzo russo dell Ottocento e al grottesco metafisico di Kafka. Le sue narrazioni tendono al surreale e al destabilizzante, il suo stile solenne, il lessico raro e arcaico. Il libro d esordio Il primo libro di Landolfi, edito nel 1937, una raccolta di racconti intitolata Dialogo dei massimi sistemi. L opera presenta gi il repertorio di temi e la cifra stilistica a cui lo scrittore rimarr sempre fedele, pur nelle molte sfaccettature della sua vasta produzione. Di fondamentale importanza il racconto che d il titolo alla raccolta, in cui viene messo in scena il dialogo tra un poeta che scrive testi in una lingua inesistente, da lui creduta persiano, e un critico. Le costanti dello stile Un inventivit bizzarra e il gusto per l avventuroso e per il fantastico creano un mondo immaginario, alternativo a quello reale. La scrittura lo strumento di questa creazione, ma le idee dell autore in proposito sono ambivalenti. Da un lato, egli ritiene che niente esista al di fuori della lingua, e che quella verbale sia l unica esperienza possibile. Dall altro lato, dimostra forte sfiducia nelle capacit della parola; sintomatico in tal senso quanto afferma il narratore di La muta (contenuto in Tre racconti, 1964): «Niente di tutto quello che ho detto vero. Non perch non sia vero, ma perch l ho detto». Coerentemente con questi assunti, i suoi racconti sono spesso caratterizzati dalla moltiplicazione dei piani narrativi, con conseguenze destabilizzanti: i diversi punti di vista adottati, infatti, sembrano originare altrettante realt differenti. Questo approccio narrativo si accompagna a uno stile letterariamente sostenuto, che sfrutta a fondo le risorse della tradizione italiana. Le scelte lessicali, per esempio, sono spesso arcaicizzanti, con un evidente gusto per la parola desueta, magari ripescata da vecchi dizionari. Nel complesso, Landolfi un autore atipico nel panorama letterario italiano. Erede della tradizione fantastica di Hoffmann e Poe, ma anche figlio della grande lezione del romanzo russo dell Ottocento, risente invece molto meno delle influenze novecentesche, a eccezione forse di Kafka. Diversi studiosi hanno visto in lui una sorta di rappresentante italiano del Surrealismo, ma l accostamento appare piuttosto forzato, sebbene la sua narrativa presenti importanti aspetti fantastici e onirici. Il critico Gianfranco Contini lo ha 362 DALLA PRIMA ALLA SECONDA GUERRA MONDIALE