Esercitati nella sezione esame di stato su scuola.edulia.it VERSO L ESAME TIPOLOGIA A Analisi e interpretazione di un TESTO LETTERARIO T5 Prima della classe Racconti dimenticati In questo breve racconto, scritto in prima persona, l autrice torna con la memoria alla sua infanzia, quando a scuola veniva considerata un piccolo prodigio per i suoi particolari talenti. Ero la prima della classe. Le altre bambine mi mettevano in tasca, di nascosto, dei torroncini o dei «coccetti», e cio delle piccolissime pentole o padelle di coccio. Ma io sapevo che esse non mi amavano e facevano tutto per interesse, affinch io suggerissi e lasciassi copiare i compiti. Nessuna meraviglia, del resto, perch io 5 stessa non mi amavo. Avrei voluto essere brava in ginnastica e nei giochi, essere grassa e colorita come Marcella P lissier. L anima mia si protendeva disperatamente verso tutti coloro che, grassi e coloriti, erano bravi in ginnastica e nei giochi. L anima mia, nera d orgoglio e di sprezzo, era in realt quanto esiste di pi avvilito. Io facevo poesie 1 10 con le rime, che venivano recitate da ragazzini scornati e lamentevoli nelle feste scolastiche. La direttrice mi presentava al pubblico dicendo: Signori, devo premettere che le poesie che udirete sono state composte dalla bambina qui presente, e non esito a riconoscere, con intensa emozione, che siamo dinanzi a un genio . Io m inchinavo, pallidissima, lanciando sguardi lampeggianti di superbia alle 15 modeste compagne. Vedevo i ginocchi delle mie compagne sporchi di terra, i graziosi polpacci rossi di Marcella P lissier, e me stessa lontana da tutti, in un ombra nera e piena di lampi, un fenomeno della creazione. Mia madre raccontava, traboccante di legittima baldanza2, che all et di due anni e mezzo, girando intorno alla tavola, avevo composto il mio primo poema in versi sciolti. Ed io covavo un 20 empio rancore contro di lei, che aveva partorito un simile prodigio. Se credevano di adularmi, con quel rispetto e quelle mosse, come se io fossi stata la vicedirettrice, si sbagliavano. E se mi domandavano: Che farai da grande? sperando di sentirsi rispondere: «Far poemi», commettevano un errore ancor pi grossolano. Difatti, ad una simile domanda, io dispettosa rispondevo: A 25 te che te ne importa? Ancora due cose mi distinguevano dalle altre, cingendomi di un aureola e additandomi al rispetto universale. La prima era che, da piccola, avevo avuto il giradito. Per questo l unghia del mio pollice sinistro non era liscia e ovale come le altre, ma pressoch quadra, dura come pietra e tutta striata di bianco. Tutta la 30 scolaresca ammirava quell anomalia, molte mi chiedevano umilmente di toccarla col dito. Oltre all anomalia, c era un altra cosa e cio che, quando mi veniva la febbre, avevo l incubo. Mia madre girava stravolta, con vesciche piene di ghiaccio, e diceva piano: Elsa ha l incubo . Subito i miei fratelli si precipitavano al mio lettino, 35 con viso compunto. Ma sentendo la mia voce rauca gridare: S , Dio, perdonami e conter tutti i grani di granoturco nei sacchi. Andate via, formiche, via, migliaia. Aiutami, Dio, e vedendomi slargare le dita nel vuoto e sbarrare gli occhi, si guar1 scornati: umiliati, derisi. 2 legittima baldanza: giusto orgoglio. 738 IL SECONDO NOVECENTO E GLI ANNI DUEMILA